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Le fortificazioni urbane

Giuseppe Mele
 

Sullo scorcio del Quattrocento, una volta superato il trauma della lunga guerra di conquista catalana e debellata l’anarchia feudale, la monarchia spagnola pacifica il Regno e impone l’autorità regia sull’indisciplinata società sarda. L’instabilità politica termina infatti nel 1478 con la vittoria riportata sul marchese di Oristano, Leonardo de Alagón, nella battaglia di Macomer. Con la conclusione delle lotte intestine i confini interni vengono dunque rimossi e i castelli medievali perdono la funzione di presidio dei punti strategici da sorvegliare per contenere la conflittualità locale. Da questo momento le emergenze militari saranno determinate esclusivamente dalle incursioni turco-barbaresche e dagli attacchi della flotta francese. La linea di costa diventa così la frontiera esclusiva lungo la quale insediare le opere di difesa.

Sotto Ferdinando il Cattolico si fa strada l’idea che per mantenere il controllo del Regno sia sufficiente conservare, potenziandole, le piazzeforti di Cagliari e di Alghero, mentre le altre, con l’esclusione parziale di Castel aragonés, iniziano ad essere relegate in secondo piano. Il disinteresse mostrato dalla Corona per le fortificazioni medievali di Sassari, Bosa, Oristano e Iglesias compromette le condizioni di sicurezza di questi centri, che senza il sostegno economico del sovrano non sono più in grado di garantire la manutenzione ordinaria delle loro difese. Per tale ragione le muraglie medievali di Oristano sono destinate a cadere progressivamente in rovina. Il castello, benché fatiscente, continua invece ad essere utilizzato per ospitare le sentinelle incaricate di sorvegliare i pozzi dell’acqua dolce e ricevere i segnali ottici inviati dalle postazioni di guardia lungo la costa.

Nel secondo Cinquecento gli ingegneri militari al servizio di Filippo II pensano di inserire la città nel programma di rinnovamento delle difese dotandola di una moderna cinta di bastioni, gli imponenti baluardi dal profilo obliquo in grado di resistere al fuoco delle artiglierie da assedio. Lo scopo è di allestire una terza piazzaforte, in posizione intermedia tra Cagliari e Alghero, che possa garantire un migliore distribuzione delle truppe nel caso di un tentativo di conquista dell’isola da parte dei nemici della Spagna. La scelta cade su Oristano anche per altri motivi: la protezione naturale offerta dagli stagni che la circondano; l’abbondanza di terra per colmare i terrapieni; la prossimità di un ancoraggio ampio e riparato dai venti, a ridosso di Capo San Marco, in grado di ospitare naviglio mercantile e flotte militari. Tuttavia le ristrettezze finanziarie della Corona non consentiranno di realizzare questo disegno. Per lo stesso motivo non potranno essere portati a compimento altri due importanti progetti come i forti di Maldiventre e della foce del Tirso. Il primo, destinato ad ospitare una guarnigione di venticinque soldati, avrebbe dovuto impedire ai barbareschi di ripararsi nell’isola per predare le imbarcazioni di passaggio o per lanciarsi in incursioni contro i villaggi del Sinis; il secondo, concepito all’indomani dell’invasione francese del 1637, avrebbe consentito di sbarrare il passo ai nemici intenzionati a risalire il fiume per attaccare la città.