Il 21 febbraio del 1637 una squadra della flotta francese comandata da Enrico di Lorena, conte di Harcourt, entra nel golfo di Oristano e bombarda la torre del porto costringendo alla fuga la piccola guarnigione. Il giorno successivo un corpo di spedizione di circa ottomila soldati marcia sulla città, che nel frattempo è stata abbandonata dagli abitanti, e la occupa senza incontrare resistenza. Vi si trattiene per alcuni giorni saccheggiando le abitazioni e i luoghi di culto e depredando averi, oggetti sacri e scorte alimentari. Il 26 febbraio i francesi si ritirano, quasi senza subire perdite, e il giorno dopo l’armata riprende finalmente il largo.
L’invasione è un attacco sferrato senza un preciso piano d’azione, con l’esclusivo obiettivo di fare bottino e approvvigionare le navi di viveri freschi. Non si tratta dunque di un tentativo di conquista del Regno, ma di un episodio marginale della guerra dei Trent’anni e, in una cornice più ampia, del conflitto secolare che oppone la Spagna alla Francia. La decisione di attaccare Oristano viene probabilmente presa in primo luogo per la disponibilità di un approdo in grado di ospitare in sicurezza una flotta composta da quasi cinquanta vascelli; poi per il vantaggio di attaccare un centro privo di difese moderne e dunque impossibilitato ad opporre una qualsiasi forma di resistenza organizzata; e infine per la certezza di reperire abbondanti rifornimenti in un territorio notoriamente ricco di risorse agricole.
Da Cagliari il viceré marchese di Almonacir dirama la richiesta di soccorsi verso i possedimenti italiani della Corona spagnola e organizza la difesa di Oristano con la milizia territoriale. Ma la prova offerta dalla cavalleria sarda non è all’altezza del compito assegnatole. La cronica disorganizzazione dei volontari e l’accesa rivalità tra i comandanti dei reparti sassaresi e cagliaritani non consentono di organizzare un attacco congiunto e così si preferisce attendere che i francesi decidano di ritirarsi. Stando alle cronache del tempo, una volta entrati in città i miliziani la saccheggiano a loro volta, portando via quanto vi è ancora rimasto. Il tentativo di contrastare la marcia della retroguardia nemica verso la costa viene respinto con poche perdite, ma questa impresa militare sarà utilizzata dai protagonisti per chiedere al sovrano la concessione di compensi e onorificenze per il servizio prestato al sovrano.
L’invasione di Oristano del 22 febbraio 1637 è stata presa spesso come esempio dell’inefficienza del sistema difensivo sardo. Questo giudizio critico, in buona parte motivato, andrebbe però rivisto alla luce della prontezza con la quale la monarchia asburgica risponde alla richiesta di soccorsi. Nonostante la Spagna sia impegnata in una fase cruciale della guerra dei Trent’anni, gli aiuti del governatore di Milano sbarcano a Portotorres appena undici giorni dopo. E altri sei sono sufficienti perché giungano nel porto di Cagliari le quattordici galere inviate dal viceré di Napoli con il loro carico di soldati italiani e spagnoli, armi e munizioni. Si deve ricordare, infine, che l’eco di questa vicenda suscita un forte allarme e accelera l’iter, avviato da tempo, per la costituzione di una squadra di galere del Regno di Sardegna.