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Testimonianze del Trecento arborense

La Cattedrale di Oristano: architettura e arredi

Nadir Danieli

 

Per il transetto e la tribuna del duomo oristanese, edificati dopo la demolizione dell’abside romanica, può identificarsi quale fonte di ispirazione la vicina chiesa di S. Francesco, ultimata sotto il regno di Mariano II de Bas-Serra e aggiornata alle più recenti novità gotiche d’oltralpe. In base alle residue strutture della cappella del Rimedio, della volta adiacente e di porzioni del basamento, può restituirsi la consueta successione di cappelle quadrangolari voltate a crociera. Anche a Cagliari, la cattedrale di S. Maria di Castello venne dotata di transetto solo dopo la costruzione del S. Francesco di Stampace. I cantieri cagliaritani vennero condotti con modalità, materiali e da maestranze differenti da quelli arborensi, sebbene nello stesso clima regionale contraddistinto da interpolazioni gotiche e prassi costruttive ancora romaniche.

Contemporaneamente, Oristano adeguava al gusto gotico anche altre chiese, quali S. Chiara (post 1343) e S. Martino; precocemente le stesse tendenze giunsero nella S. Maria Maddalena (Silì). Al “fervore edilizio” si unì l’acquisto di importanti opere d’arte, come i rilievi marmorei e il simulacro del cosiddetto Retablo del Rimedio, oggi divisi tra Museo Diocesano e Cattedrale. Attribuiti alla cerchia dello scultore catalano Jaume Cascalls e datati al secondo Trecento, fanno mostra delle insegne giudicali arborensi, emblema della committenza prodiga per la nuova dotazione liturgica del Duomo.

La Cattedrale fu poi il principale luogo di sepoltura dell’élite giudicale. Nell’attuale battistero, rimangono l’arcosolio ogivale e il frammento di un’arca sepolcrale, sul quale campeggia uno stemma con pali d’Aragona, segno dell’appartenenza dell’ignoto defunto alla famiglia regnante.  Di una sepoltura monumentale dovettero far parte le Colonne cariatidi del Duomo di Oristano, attribuite a Lupo di Francesco e oggi al Liebieghaus(Francoforte). Nonostante ciò, nessuna indagine ha finora permesso di rintracciare le sepolture.

Nel testamento di Ugone II redatto nel 1335, si trovano dettagliate disposizioni in merito alla sua tumulazione, che sarebbe dovuta avvenire - se ultimata per tempo - nella cappella di S. Bartolomeo. In caso contrario, il luogo prescelto restava la Cattedrale, dove si era soliti seppellire i giudici. Al di là dell’identificazione della cappella, attestata nel 1572, appare chiaro che Ugone ritenne il Duomo in grado di accogliere le sue spoglie già alla compilazione del testamento. Il prestigioso diritto di sepoltura si estese anche ad altri membri della corte, come Filippo Mameli, dotore de decretu et de lege et canonicu d’arbar(ee), la cui epigrafe sepolcrale data al 1348.Un documento relativo al felice Viaggio di Granada, inoltre, sembra mostrare il cantiere oristanese ancora in corso nel 1330. Il Duomo assunse dunque, prima del1335, quella “forma de cruz” attestata dal padre cappuccino Jorge Aleo nel Seicento, quando descrisse la cattedrale ancora ricca di tracce dell’età d’oro dei giudici.

 

Aggiornamento 10 marzo 2019

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