Attilio Mastino
Con la morte di Adelasia avvenuta nel castello di Burgos (a. 1259) e il crollo del Giudicato di Logudoro, i Malaspina della Lunigiana finalmente costituirono uno “stato signorile” a Bosa ed in Planargia, includendovi l’antica curatoria di Frussia: gli studiosi ritengono che solo allora fu costruito il castello fortificato sul colle di Serravalle (le date del 1112-21 proposte da Giovanni Francesco Fara non sono considerate credibili), a protezione dell’antico approdo fluviale, dei fondaci e del borgo che rapidamente finì per raccogliere l’eredità della Bosa Manna (la città romana e bizantina), dove attorno al 1065 secondo una fonte iberica più tarda era nata Marcusa de Gunale, figlia di Gonario di Lacon, moglie del giudice di Torres Costantino.
Ad epoca malaspiniana si datano gli Statuti della villa di Bosa, scritti in volgare italiano, di cui rimangono solo alcuni capitoli sopravvissuti al “Vespro antipisano” del 17 aprile 1323: i territori di Bosa, pignorati dall’infante Alfonso d’Aragona, divennero presto possedimenti “extra-giudicali” del Regno di Arborea, infeudati ad Ugone II; nel 1338 passarono a Giovanni donnicello d’Arborea troppo vicino alle posizioni dei catalane; dieci anni dopo, a seguito di continui contrasti, egli fu fatto arrestare dal fratello Mariano IV e rinchiuso nella prigione della torre del castello fino alla morte avvenuta durante la pestilenza del 1376. Al periodo della signoria di Giovanni di Arborea si attribuisce il ciclo affrescato della chiesa di N.S. di Regnos Altos, attribuito a una bottega di pittori pisani o senesi e databile attorno al 1340, come testimonia anche lo scudo con l’albero diradicato che convive con i colori dell’Aragona.
Fu però Mariano IV a determinare lo sviluppo di Bosa come porto commerciale dell’Arborea, frequentato dalle barche corallare e base militare nello scontro con Alghero catalana: i Procesos contra los Arborea ci conservano la testimonianza della rivolta anticatalana avvenuta a Bosa il 10 settembre 1353, quando il castello fu fortificato dai Sardi con catapulte, corazzature e verdesche (rimangono eloquenti testimonianze archeologiche) e gli abitanti furono dichiarati liberi per sempre dai vincoli di servitù e immuni da tutte le antiche prestazioni, servizi ed obblighi feudali. I vessilli furono rovesciati e a Bosa le milizie giudicali iniziarono a portare le “armi” regie sotto l’albero dell’Arborea, con una dichiarazione di autonomia dal sovrano catalano Pietro il Cerimonioso che certo dové sorprendere i contemporanei.
Con l’intento di liquidare le pretese giudicali su Bosa, il sovrano aragonese firmò la donazione-infeudazione di Bosa a Benedetta di Arborea, figlia di Giovanni e di Sibilla de Moncada, vedova di Johan Carroz: l’atto, stipulato il 29 ottobre 1376, in realtà fu solo nominale e non ebbe effetti pratici. I passaggi successivi con Ugone III ed Eleonora mantennero saldamente Bosa dalla parte degli Arborea, come in occasione della pace con Giovanni il cacciatore del 1388.
La città fu assediata da Antonio Ballestrer nel 1410 dopo la battaglia di Sanluri, con l’utilizzo per la prima volta di armi da fuoco: abbattute le mura, il borgo medioevale fu allora occupato; Pietro de Sant Johan avrebbe definito la villa sul fiume Temo e il suo porto “la chiave di tutta l’isola”. Nel Parlamento del 1421 Alfonso il Magnanimo avrebbe confermato i tradizionali privilegi e le franchigie concesse dagli antichi giudici di Arborea che per quasi cento anni avevano esercitato la signoria su Bosa. Con questo provvedimento regio finirono per salvarsi anche gli Statuti malaspiniani e l’autonomia di quella che fu presto riconosciuta come “città regia”.
Aggiornamento: 11 novembre 2017
Cinzio Cubeddu, Bosa nei Procesos contra los Arborea. La rivolta del settembre 1353, in Bosa. La città e il suo territorio dall’età antica al mondo contemporaneo, Antonello Mattone – Maria Bastiana Cocco (edd.), Delfino, Sassari 2016, pp. 339-344.
Paola Crasta, Aspetti dell’economia del giudicato d’Arborea nel XIV secolo: percorsi di ricerca a partire dal caso di Bosa, in Per Marco Tangheroni. Studi su Pisa e sul Mediterraneo medievale, Cecilia Iannella (ed.), ETS, Pisa 2006, pp. 73-98.
Attilio Mastino, Bosa in età giudicale: nota sugli affreschi del Castello di Serravalle, Gallizzi, Sassari 1991.
Fernanda Poli, La chiesa del castello di Bosa. Gli affreschi di Nostra Signora di Sos Regnos Altos, EDES, Sassari 1999.
Cecilia Tasca, La città di Bosa e i giudici d’Arborea nel XIV secolo, in Giudicato d’Arborea e Marchesato di Oristano: proiezioni mediterranee e aspetti di storia locale, Giampaolo Mele (ed.), 2 voll., ISTAR, Oristano 2000, II, pp. 1013-1043.
Cecilia Tasca, Bosa nel tardo Medioevo. Fonti per lo studio di una città mediterranea, AM&D, Cagliari 2013, pp. 18-29.