Il giudicato era articolato internamente in distretti amministrativi, corrispondenti a precise subregioni geografiche, chiamati curatorìas o partes: Oristano, Campidano, Simaxis, Parte de Milis, Narbolia, Bonarcado, Fordongianus, Barigadu, Parte de Guilcier, Barbagia di Ollolai, Mandrolisai, Barbagia di Belvì, Parte Valenza, Parte de Usellus, Parte Montis, Marmilla, Parte de Bonorzuli. All’interno di ogni distretto vi era una serie di villaggi (villas) e di agglomerati più piccoli. La dimensione insediativa prevalente era quella rurale, tant’è che in questi secoli non è presente nella documentazione in lingua sarda il vocabolo “città” (anche le sedi vescovili erano collocate in centri rurali).
Le curatorìas erano amministrate dai relativi curatores, nominati dal giudice, spesso all’interno della sua stessa cerchia familiare. L’uso di affidare ai propri figli o parenti il governo di una o più curatorìas, rispondeva a fattori quali l’esigenza di controllo dei distretti di frontiera, equilibri interni alla casata, strategie matrimoniali. Il curatore aveva funzioni fiscali e presiedeva anche i tribunali detti coronas, a livello distrettuale, dietro delega del giudice, supremo magistrato del regno.
Se Tharros può essere considerata l’originaria capitale, la curia regia era in realtà itinerante (sedi importanti erano a Fununi, dotata di un palazzo, Cabras e a Nuraxinieddu) ma ebbe ben presto in Oristano il principale centro amministrativo, destinato ad assumere connotati urbani e dignità di capitale.
Il sistema difensivo contava su una serie di castelli dislocati a controllo della parte settentrionale (Serla-Ghilarza), delle aree interne (Medusa-Asuni) e del lungo confine cagliaritano (Erculentu-Guspini, Marmilla-Las Plassas), insieme ad altre fortificazioni quali quelle di Girapala (non localizzata) e Barumele (Ales, di origine bizantina, ma ricostruita nel XIV secolo).
L’apparato amministrativo aveva le sue cellule base nelle villas, dotate di una propria circoscrizione territoriale e governate ciascuna da un ufficiale denominato majore. Questi aveva competenze fiscali e di polizia, mentre l’amministrazione della giustizia, a livello di villaggio, era di competenza di un altro ufficiale denominato majore de iscolca. Il sistema tributario doveva essere piuttosto articolato ed efficiente, essendo basato sull’esazione di imposte dirette, indirette e sulle prestazioni d’opera.
Va infine sottolineato come all’amministrazione dei beni del demanio pubblico (rennu) fosse preposto un ufficiale, l’armentariu de rennu, distinto da quello cui competeva la tutela del patrimonio privato (peculiare o pegugiare), del giudice e della sua famiglia. Dal patrimonio fiscale sia il giudice che i suoi ufficiali stralciavano lotti di terra per assegnarli, in perpetuo o temporaneamente, a enti ecclesiastici e a privati. Era la cosiddetta secatura de rennu, che tuttavia non comportava la perdita delle prerogative giurisdizionali del giudice di Arborea.
Aggiornamento: 11 novembre 2017
Storia dei Sardi e della Sardegna, in Massimo Guidetti (ed.), vol. II, Il Medioevo. Dai Giudicati agli Aragonesi, Jaca book, Milano 1988.
John Day, Uomini e terre nella Sardegna coloniale. XII-XVII secolo, CELID, Torino 1987.
Gian Giacomo Ortu, La Sardegna dei giudici, Il maestrale, Nuoro 2005.
Giampaolo Mele, (ed.), Giudicato d’Arborea e Marchesato di Oristano: proiezioni mediterranee e aspetti di storia locale. Atti del 1° Convegno Internazionale di Studi, Oristano, 5-8 dicembre 1997, I-II, ISTAR, Oristano 2000.