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Sentinelle e ronde costiere

Giuseppe Mele
 

Prima che Filippo II ordini la costruzione della cintura di torri e la regolamentazione della milizia territoriale, lungo le coste del Regno vige un servizio di sentinelle e di ronde a cavallo allestito dalle città e dai villaggi prossimi al mare. Il loro compito è di avvistare le navi in avvicinamento e lanciare l’allarme per consentire agli abitanti della fascia costiera di mettersi in salvo dalle incursioni dei barbareschi spostandosi nell’entroterra. La vigilanza si concentra prevalentemente nei mesi primaverili ed estivi, perché durante la cattiva stagione la navigazione militare viene quasi del tutto sospesa e di conseguenza la sorveglianza può anche essere allentata. In altri termini, nei villaggi sardi della prima età moderna, caratterizzati da una vita economica stentata e da ricorrenti crisi di sussistenza, si preferisce affrontare qualche rischio supplementare piuttosto che mantenere le costose misure di sicurezza per l’intero arco dell’anno.

A causa dell’indigenza diffusa, che scoraggia l’investimento di somme di denaro nella difesa se non nei momenti di maggiore pericolo, lunghi tratti di litorale rimangono privi di sorveglianza organizzata. Rispetto allo sviluppo costiero dell’isola il numero di sentinelle è dunque esiguo, con l’eccezione però delle aree più fertili e popolate e di quelle affacciate sui mari dove si praticano attività particolarmente remunerative come la raccolta del sale, la pesca del corallo e del tonno. Gli appaltatori che gestiscono queste imprese offrono infatti un contributo importante per la messa in sicurezza dei litorali.

Anche la rete di segnalazione del marchesato sembrerebbe avere, nei primi anni Settanta del XVI secolo, una maglia abbastanza larga. Oristano e i tre Campidani, secondo la testimonianza del capitano Marco Antonio Camós, proteggono il Sinis sistemandovi appena sei uomini distribuiti in tre postazioni di avvistamento. Tuttavia le informazioni di questa fonte, per quanto generalmente attendibili, devono essere integrate con altri documenti, sulla base dei quali possiamo affermare che il numero delle sentinelle, e dunque l’efficienza del sistema, sono senza dubbio maggiori. Intanto perché a Capo Mannu prestano servizio alcune vedette stipendiate dai corallai che sfruttano i banchi di pesca compresi tra l’Argentiera e l’alto Oristanese. E in secondo luogo perché sulla base del tributo pagato dagli abitanti del marchesato per allestire il servizio di guardia il numero di sentinelle andrebbe perlomeno raddoppiato.

L’efficacia di questo sistema dipende esclusivamente dalla continuità del servizio, perché la sospensione della vigilanza significa esporsi presto o tardi alle scorrerie. È il caso, per esempio, del borgo di Narbolia. Nei primi anni Novanta del Cinquecento, vale a dire in un periodo nel quale le accurate disposizioni del viceré Miguel de Moncada in materia di difesa sono ancora in vigore, i corsari nordafricani approdano nottetempo nella costa settentrionale del Sinis, marciano indisturbati sul villaggio e lo saccheggiano, catturando gran parte degli abitanti. I prigionieri, tuttavia, verranno riscattati dai superstiti non molto tempo dopo.